I criteri didattici

Alla luce delle Indicazioni Nazionali per il Liceo Scientifico, intendiamo ora discutere i contenuti e le attenzioni didattiche a cui dovrebbe ispirarsi un percorso di probabilità per la classe quinta. 

Iniziamo discutendo i criteri didattici sulla base dei quali abbiamo realizzato il percorso sulla distribuzione di Poisson, ma che, più in generale, riteniamo debbano essere alla base di ogni azione didattica nella disciplina matematica nel corso della scuola secondaria di secondo grado.

  • Costruire significati degli oggetti matematici introdotti

Non basta che lo studente sappia fare (ad esempio, calcolare la derivata di una funzione, semplicemente applicando una formula), ma vogliamo che attribuisca un senso a ciò che fa e, anzi, lo percepisca gradualmente come il proprio. Nell’esempio proposto ciò vuol dire che lo studente deve arrivare a disporre di varie interpretazioni della derivata: geometrica (come pendenza della retta tangente al grafico), fisica (ad esempio come velocità o intensità della corrente elettrica), … e, più in generale, come tasso di variazione di una funzione. E non perché l’ha semplicemente sentito raccontare, ma perché l’ha costruito per passi successivi, iniziando magari con il tracciare rette tangenti al grafico di una funzione su un foglio quadrettato. Tale posizione didattica si può inquadrare in un contesto costruttivista, che R. Zan descrive come segue: “La conoscenza è in gran parte costruita dal discente, che non si limita ad aggiungere nuove informazioni al suo magazzino di conoscenze, ma invece crea collegamenti e costruisce nuove relazioni fra queste informazioni. Secondo questo modello davanti alla “realtà” l’individuo fin dai primi anni di vita è soggetto attivo che costruisce interpretazioni dell’esperienza, nel tentativo di dare senso al mondo e di anticipare così le esperienze future. La conoscenza in quest’ottica non rappresenta una riproduzione del mondo reale, ma piuttosto fornisce struttura ed organizzazione all’esperienza.” A. Sfard precisa ulteriormente questa posizione evidenziando come nella costruzione del sapere sia fondamentale l’interazione e la comunicazione con gli altri individui. Tale assunto, ossia l’apprendimento come partecipazione, è oggi largamente condiviso nell’ambito della ricerca sull’apprendimento. In particolare vogliamo evitare che gli studenti percepiscano la matematica come “paniere di formule”, per usare l’espressione usata da C.F. Manara.

  • Fare in modo che i saperi siano disponibili a lungo termine

Le lezioni non dovrebbero avere come orizzonte la verifica sommativa sul percorso, ma la costruzione di saperi di cui lo studente possa disporre anche in seguito. Del resto tale posizione non è nuova, visto che già Dante Alighieri ammoniva nel canto V del Paradiso “non fa scienza, senza lo ritenere, aver inteso”. Ciò comporta riflettere su quali siano i saperi essenziali e, in particolare, i contenuti indispensabili, a partire dai quali ricostruire ciò che non si ricorda. Ad esempio, nell’ambito delle formule trigonometriche, mediante manipolazioni delle formule di addizione di seno e coseno si possono ottenere quelle che di solito servono a livello di scuola secondaria; ancora, la formula della distanza tra due punti nel piano cartesiano si ottiene immediatamente a partire dal teorema di Pitagora.

  • Sviluppare competenze

Prima che contenuti specifici, riteniamo si debbano promuovere e potenziare competenze (abilità, capacità…).
Costruire e analizzare modelli matematici, condurre e comprendere una dimostrazione, manipolare un’espressione in vista di un obiettivo, utilizzare più registri rappresentativi (algebrico, numerico, grafico…) e saper passare consapevolmente da uno all’altro sono alcuni esempi di competenze matematiche. Ad esse si aggiungono, però, abilità più trasversali quali interpretare testi, comunicare nel linguaggio naturale e argomentare, nonché progettare, attivare strumenti di verifica e controllo. La competenza matematica è stata definita nella raccomandazione del Parlamento Europeo del 2006 come “l’abilità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvere una serie di problemi in situazioni quotidiane.

  • Organizzare le attività in un curriculum coerente

Le attività didattiche non dovrebbero essere episodi, ma parti di un percorso.
Infatti per quanto profondo, ricco ed accattivante possa essere esplorare in laboratorio o esaminare un video, quale utilità ne risulta se poi ciò rimane un episodio isolato o viene addirittura percepito come altro rispetto alla matematica? Perciò ogni attività va prima presentata e in seguito va ripresa in classe in modo da fornirne la corretta interpretazione e da esplicitarne il ruolo nello sviluppo del percorso di matematica dell’intera scuola secondaria. L’importanza di tale attività è discussa da G. Anzellotti in “Valutazione e sviluppo delle competenze matematiche di base dall’obbligo scolastico all’ingresso dell’università”. Questa visione si concretizza, tra l’altro, nel progettare minuziosamente l’ordine cronologico in cui presentare i contenuti, in modo che essi possano acquisire un senso per gli studenti. In particolare nel presentare i problemi prima di introdurre lo strumento matematico che consente di risolverli. Tale approccio è però spesso disatteso dai libri di testo: essi, ad esempio, illustrano nel dettaglio il calcolo algebrico prima di affrontare, in astratto, le equazioni di primo grado e prima di proporre qualche situazione che si possa efficacemente modelizzare con tale strumento matematico.
Al riguardo B. de Finetti ammoniva: “Nessun argomento ha valore o interesse di per sé, ma ogni argomento lo acquista se introdotto al momento giusto, in connessione con altre problematiche (…) sono le connessioni effettive (applicazioni, analogie, …) che danno ai giovani l’impressione di fare scoperte e la soddisfazione di sentirsi creativi”.

  • Seguire un approccio laboratoriale

Come sosteneva Polya, la matematica “non è uno sport per spettatori”. L’aggettivo
“laboratoriale” dunque, non indica tanto un luogo fisico, ma l’atteggiamento che
dovrebbe caratterizzare lo studente. In questo senso vanno interpretate le attività di tipo operativo-sperimentale. Queste mirano a rendere lo studente attivo, non appiattendolo al ruolo di spettatore che si limita a scegliere la formula da utilizzare da un elenco spesso predisposto da altri. Lui stesso, in fondo, è il vero artefice della costruzione del proprio sapere.

 

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